Il Natale di quando ero piccola ( Settima parte).
E’ la volta di Maria Antonietta Greco dell’Associazione “ Donne 99” di Tito che racconta il suo Natale di bambina
Il Natale per noi iniziava con le forme solenni delle novene nella Chiesa Madre ed io a quel tempo ero fra coloro che cantavano nel coro parrocchiale. Il mio giorno preferito era il 24, giorno di Vigilia, data che fra tutte nel calendario, ancora prediligo.
Al di’ di festa, in casa dei nonni già di buon mattino, fervevano i preparativi per il cenone della sera:una mescolanza di aromi, profumi, sapori che ci inebriavano e ci deliziavano con piacere. La cosa che più mi divertiva, al pari di un piccolo teatrino, era vedere mia nonna e le zie affaccendate nella pulizia del capitone e delle anguille. Poveri pesciolini, si dimenavano cercando di fuggire, dileguandosi dietro i mobili della cucina per non finire in pentola. Poi, soddisfatti e appagati dal cenone, andavamo tutti alla messa di mezzanotte.
Durante la messa, mentre il sacerdote intonava il “Gloria” che annunciava la nascita di Gesù, gli occhi dei fedeli emozionati dirigevano lo sguardo verso il centro della chiesa dove veniva orchestrato l’incontro della stella e della luna. La scenografia prevedeva un complesso sistema di fili che permettevano alle due icone, una volta incontratesi, di scendere assieme verso il presepe. La stella e la luna così adagiate sul presepe sostavano fino al giorno dell’Epifania ricordandoci che persino il cielo è sceso ad omaggiare Gesù nella grotta.
Il giorno di Natale, dopo un lungo e succulento pranzo, noi bimbi aspettavamo con ansia di giocare alla tombola. Le cartelle costavano cinque lire e purtroppo il divertimento durava poco perché i grandi preferivano danzare anzicchè giocare. Le feste di Natale erano una delle poche occasioni in cui la casa si trasformava in sala da ballo.
Quando ero piccola per realizzare il presepe utilizzavamo la creta: con la magia e la maestria delle nostre mani, modellavamo i personaggi, mentre la stella e la luna erano fatte di cartapesta colorata.
Questi manufatti, senza alcun passaggio in forno, venivano decorati con i colori ad acquerello. Sempre nel periodo natalizio, gli zampognari del paese, visitavano le nostre case decorate a festa con il presepe ed allietavano le giornate con brani tipici natalizi. Per suonare adoperavano strumenti della tradizione, come la ciaramella e la zampogna, fatte con pelle di pecora. Gli zampognari erano sempre due, uno suonava la ciaramella, una sorta di flauto dal suono inconfondibile, l’altro la zampogna, e si presentavano indossando costumi da pastori. In particolare ricordo il loro mantello interamente realizzato in pelle di pecora. Uno dei pastori, era piccolo di statura e proprio per questo veniva chiamato “muschiddu”. Chi ha la mia età dovrebbe ancora ricordarlo.
Un altro rituale di quegli anni avveniva la notte del 31 dicembre.
Per salutare il vecchio anno e dare il benvenuto al nuovo, l’intera famiglia presa dall’euforia della festa gettava fuori dal balcone di casa piatti, bicchieri, tazze, non curanti di chi avrebbero potuto colpire se fosse passato in strada in quel momento.
Magica era anche l’attesa per l’arrivo della Befana, con l’ansia febbrile di scrivere la letterina elencando tutti i propri desideri. Ci credevamo sì, in queste favole. Le mie zie infatti, approfittando della nostra sincera ingenuità, ci raccontavano con grande maestria ogni sorta di storie.. La loro camera da letto si trovava in mansarda ed era arredata con due grandi letti. Il sottotetto era sostenuto da travi imponenti con delle protuberanze e lì la loro fantasia viaggiava ardita, nel farci credere che proprio in quelle strane forme si nascondevano giocattoli.
Assecondando le nostre richieste, la sera del cinque gennaio, mamma, prima che andassimo a letto, preparava appositamente sul ripiano del camino una tazzina di caffè e un bicchierino di liquore per la vecchia befana. Lei così generosa con noi, meritava almeno una piccola offerta.
Beata fanciullezza e quel tempo così nitidamente genuino, con i cuori pulsanti di sentimenti veri, le cui emozioni mi accompagnano e mi fanno sognare ancora . Un grazie sentito alla mia straordinaria famiglia, mia vera insegnante di vita.
Tito 22 dicembre 2021.