Il Natale di quando ero piccola(Terza parte).
Le “ Ragazze” dell’Associazione “ Donne 99” di Tito continuano a raccontarsi per costruire ponti fra le generazioni, perché noi tutti siamo quello che raccontiamo.
A Voi lettori i ricordi di Vittoria Dellacasa e Carmela Laurino
Vittoria Dellacasa :Come ricordo il Natale della mia infanzia
Tra l’8 e il 13 dicembre si allestiva in casa il presepe, da noi chiamato “presepio”. Il giorno precedente, noi tre bambine con la mamma andavamo a cercare il muschio, che adagiavamo a zolle in un plateau di legno. Il presepe si costruiva mettendo le montagne “vere”, fatte con concrezioni di tufo che prendevamo dalla decorazione dell’aiuola esterna, con la segatura si tracciavano le strade e infine si posizionavano i personaggi. Tra questi, spiccava un pastorello del Monferrato piemontese di nome Gelindo, la cui storia era leggendaria, secondo il racconto di mia nonna: Gelindo, di mestiere faceva il pastore, ed era piemontese; è presente in tutti i presepi d’Italia, ma in pochi conoscono la sua storia. Si dice fosse di origine monferrina e che, come Giuseppe e Maria, fosse partito per il censimento voluto da Augusto e che abbia aiutato la giovane coppia nella ricerca di un posto dove passare la notte al caldo, date le condizioni della donna. Non una statuina come le altre, non un personaggio confuso tra gli altri pastori ed immerso nel muschio e tra le pecorelle, ma il protagonista di una parte della tradizione del Piemonte che insegna la generosità e la fratellanza, portatore di doni, un Babbo Natale pre-cristiano. Un uomo burbero, che partí da casa, ritornando di continuo a prendere qualcosa che aveva dimenticato o per fare qualche raccomandazione alla moglie, rimandando la partenza per quel lungo viaggio.
La piva sotto braccio, il cappello in testa, il gilet ed i pantaloni alla zuava, al ginocchio, così la tradizione natalizia piemontese entra nelle Scritture, si intreccia e mischia il mito alla religione, il cielo con la terra, nella persona di quel vecchio pastore che porta un po’ di Piemonte in tutte le case, persino nella capanna di Betlemme.
Una volta, dopo aver allestito il presepe, abbiamo sentito un odore sgradevole provenire da esso. Quando chiedemmo spiegazioni alla nonna, lei ci disse che Gesù Bambino aveva fatto la cacca nel pannolino. Fatto sta che da quel momento in poi, al gatto non fu più permesso di entrare in casa.
Nella mia famiglia non si è mai fatto l’albero di Natale, perché era considerato un’usanza pagana. Si andava tutti alla novena in chiesa, noi bambine nel primo pomeriggio, gli adulti la sera. Nel pomeriggio del 24 dicembre, mia madre preparava gli agnolotti, mio padre l’aiutava e noi bimbe guardavamo. Aspettavamo il passaggio di Gesù Bambino che ci portava i doni. Il pranzo di Natale si svolgeva solo con i familiari stretti. Successivamente, quando eravamo già ragazzine, cominciammo a invitare qualche parente. Nel pomeriggio ricevevamo la visita degli zii e finalmente potevamo assaggiare il panettone. Io e le mie sorelle sceglievamo, su invito dei genitori, uno tra i regali ricevuti perché fosse donato ai bambini dell’orfanotrofio, nell’ambito di un’iniziativa parrocchiale che si svolgeva nel giorno dell’Epifania. I giochi ricevuti erano tanti e belli, perché, con una minima trattenuta sullo stipendio di mio padre, la FIAT e il suo indotto distribuivano doni ai figli dei dipendenti da 0 a 12 anni.
Poi si andava a messa, come tutte le domeniche e le feste comandate.
A proposito di letterine…
Anch’io scrivevo la letterina ai genitori per Natale, era un’attività che ci faceva fare la maestra a scuola. Non ho mai consegnato letterine ai genitori, perché, in cuor mio, sapevo già di non mantenere le promesse scritte. Le lasciavo in fondo alla cartella, e al momento opportuno…via nella stufa!
Carmela Laurino :Il Natale della mia infanzia.
Vi sembrerà strano, ma io tutta questa magia del Natale non l’ho mai sentita, e questo periodo mi mette piuttosto un po’ di magone al posto della vostra allegria… Natale = attesa, neve, giorni di vacanza a scuola. Sarà che i miei genitori hanno sempre lavorato molto e durante questo periodo erano ancora più impegnati… sarà che non abitavo in paese… sarà che cioccolate e giochi non mi mancavano in nessun periodo dell’anno… Mi piaceva comunque scrivere e riscrivere la letterina per Babbo Natale, metterla alla finestra e aspettare che Gesù Bambino passasse a ritirarla… così ci diceva la maestra. Poi mi piaceva scrivere quella che il giorno di Natale avrei messo sotto il piatto del mio dolce papà. La maestra le portava da Potenza, con lustrini e natività in prima pagina.
L’albero comprato a Napoli da papà era sempre lo stesso e ancora oggi ho delle palline di quando ero bambina. Da noi non si faceva nessuna novena, solo nei giorni di festa c’era la santa messa a cui partecipavamo sempre, anche se i miei erano molto stanchi. Avevamo un negozio in cui vendevamo, tra le altre cose, il baccalà sotto sale, che produceva un odore molto forte e si spargeva nell’aria. Non vi voglio dire quanto odiavo le zeppole, che mia mamma e mia nonna — sempre per mancanza di tempo — dovevano fare di notte, perché non farle sarebbe stato di malaugurio e poi si regalavano a coloro che non potevano farle. Io, a casa mia, non le ho mai fatte e non ne sento minimamente la voglia.
Trascorrevamo il giorno di Natale con i nonni, e non c’erano bambini con cui giocare a tombola o con i giocattoli avuti in dono. A me è sempre piaciuto stare in compagnia e volevo andare sempre da mia zia Lucia, che non poteva mai allontanarsi da casa, poiché viveva con i suoceri. Ognuno stava a casa propria, perciò mi divertivo molto di più nei giorni feriali.
Inoltre, avevo capito subito che babbo Natale era mio padre, quindi addio magia…
Poi c’era l’Epifania. Quella sera appendevo la calza più grande che c’era in casa e la mattina la trovavo piena di agli, mandarini, cioccolate, caramelle e l’immancabile letterina che la Befana mi lasciava in fondo alla calza, insieme a 10.000 lire. Nella lettera mi diceva di fare la brava e di ubbidire.
Ancora oggi cerco la magia…
Tito 18 dicembre 2021