Nonne, donne, ambasciatrici di pace,custodi di memoria,legame tra le generazioni.

Mario Coviello
4 min readOct 15, 2021

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Carmela Laurino, Marisa Scavone e Angela raccontano.

Giovedì 14 ottobre 2021, dalle 16,30 alle 18,30, quattordici donne dell’Associazione “Donne 99” di Tito hanno cominciato a tessere una trama di memorie. Mario Coviello, presidente del Comitato Provinciale UNICEF di Potenza, ha invitato Luisa Salvia, presidente dell’associazione “ Donne 99” di Tito a partecipare al progetto UNICEF “ Nonne e nonni ambasciatori di pace”. Il progetto è legato alle celebrazioni del 75° anniversario della nascita dell’UNICEF, che ricorre il prossimo 11 dicembre.

L’UNICEF ha sempre celebrato la Festa dei nonni, figure fondamentali per la crescita dei più piccoli, e da molti anni l’associazione “Donne 99” collabora con UNICEF Potenza per iniziative di solidarietà e per la crescita delle giovani generazioni.

Con questo progetto UNICEF raccoglie testimonianze di nonne e nonne, uomini e donne che hanno oggi 60, 70, 80 anni e che sono custodi della memoria storica,promotori di solidarietà tra le generazioni,costruttori di una società non violenta.

Per questo sono quattordici le donne di Tito che finalmente ricominciano ad incontrarsi nella biblioteca “ Nicola Ostuni”. Si dispongono in cerchio e possono guardarsi negli occhi, ritrovarsi.

Ascoltiamo i loro racconti che accompagnano, proteggono, curano e costruiscono un ponte tra le generazioni, simbolicamente fortissimo.

Carmela Laurino è più giovane del gruppo ha 62 anni :

Un prigioniero in Russia durante la seconda guerra mondiale

“ Io sono nata nel 1959 e i miei nonni non hanno preso parte a nessuna delle due guerre mondiali, quindi non ho ricordi della guerra dai loro racconti. Sì alcune volte parlavamo dei tempi della guerra, ma fortunatamente le loro famiglie non avevano patito né fame, né miseria. Mi raccontavano che fra loro c’era una grande solidarietà ed i loro beni erano messi a disposizione di chi ne aveva bisogno.

Quando ero piccola mi piaceva ascoltare da un amico di famiglia Michele Anneto la sua storia di prigioniero di guerra in Russia. Ci raccontava che era stato preso prigioniero ed era stato scortato dall’Armata russa e che il tragitto era stato molto lungo e tanti erano caduti sfiniti e congelati. Lui in Russia aveva lavorato in un campo di concentramento e patito terribilmente la fame. Mi raccontava che alcuni giorni mangiavano solo le bucce delle patate che erano costretti a pelare per i soldati russi. Con quello che riuscivano a trovare si soccorrevano e si assistevano fra di loro. Nei suoi ricordi c’era il freddo, la fame, i pidocchi, la neve, la paura. Lui e molti altri arrivarono a perdere più di quaranta chili e quando Michele tornò in Italia era sfinito e incredulo di essersi salvato.La mamma, per fargli riprendere le forze, gli faceva mangiare dieci uova al giorno.

Nonostante le sofferenze la Russia gli rimase nel cuore e volle fare ormai vecchio un viaggio per rivederla dopo tantissimi anni. “

Marisa Scavone , 71 anni :

Due piedini freddi e un’automobile fantastica.

“ Ricordando la mia infanzia non posso che dire che è stato un periodo molto, ma molto felice e spensierato. Ricordo soprattutto i momenti vissuti con la mia famiglia composta da nove persone: due nonne, una zia, i miei genitori e noi quattro figli.

Vivevo in una casa grande ma molto fredda. Per riscaldarci c’era solo un grande fuoco e la sottoveste di tela delle mie nonne sotto cui mettevo i miei piedini freddi, dormendo molto spesso insieme a loro. Quello stare tutti insieme, noi bimbi con le nonne, rendeva pienamente il senso del calore familiare.

Facevamo il bagno il sabato, dopo aver preso l’acqua alla fontana pubblica. L’acqua si scaldava sul fuoco e a turno, prima i più grandi e poi noi piccoli, venivamo strofinati con il sapone fatto in casa in una grande caldaia vicino al fuoco.

Ricordo ancora quando io e mio fratello più grande trasformavamo un cassettone della cucina in una automobile, utilizzando due cuscini come sedile e un cerchio di ferro come volante. E la macchina correva come la nostra fantasia. Tutto quello che riuscivamo a fare da bambini era frutto della nostra immaginazione e della ricchezza che scoprivamo nelle piccole cose. “

Subito dopo racconta Angela di 74 anni :

“ Da piccola vivevo con i nonni e i bisnonni. Mio padre lavorava fuori Tito e tornava la sera. Mio nonno mi teneva sulle ginocchia e mi raccontava tante storie che non mi stancavo mai di ascoltare. Mi teneva sempre la mano quando andavamo a lavorare nella vigna fuori dal paese. Al momento del pranzo, il pane che era legato in un sacco al ramo di un albero per evitare che lo mangiassero gli animali, veniva distribuito. Una volta era duro e non volevo mangiarlo. Mia nonna lo ha bagnato nell’acqua, ha messo sopra olio sale e aceto, e mi ha detto “ Tu sei fortunata perché la tua parte non ti manca. Quando io ero piccola si mangiava tutti insieme in una grande scodella e io ero fortunata se riuscivo ad acchiappare qualche boccone”.Ho preso il pane bagnato e condito e l’ho mangiato con gusto. Tutte le sere mio padre, quando tornava dal lavoro, mi faceva sedere davanti a lui seduta in un banchetto e mi faceva fare i compiti. Mi controllava e mi chiedeva cosa era successo durante la giornata.

Ho ancora nel naso il profumo del caffè d’orzo che tostavamo sul fuoco con una particolare pentola. Ho ancora nelle orecchie il suo suono che richiamava le vicine, pronte per bere una tazza di caffè caldo e fare gli ultimi pettegolezzi che ascoltavo con attenzione.

I bambini baciavamo le mani dei grandi in segno di rispetto. A Natale con mio fratello facevo il giro dei parenti per fare gli auguri e facevamo a gara tra i compagni a chi raccoglieva più soldi. Uno zio non si fece baciare le mani dicendomi “ Non devi baciare le mani perché non sempre sono pulite” e mi ha indicato la guancia che ho sfiorato con un bacio. Da allora ho baciato i grandi solo sulle guance.

Tito 14 ottobre 2021.

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Mario Coviello
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Written by Mario Coviello

Dirigente Scolastico in pensione e Presidente del Comitato Provinciale di Potenza dell’Unicef. Racconto quello che faccio e che vedo. Leggo passeggiando.

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