Raccontare storie per costruire ponti con #UNICEF Potenza.( 1^ puntata.)

Mario Coviello
5 min readOct 20, 2021

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Il secondo racconto, quello di Filomena Coronato, di anni 73, dell’Associazione “ Donne 99” di Tito.

La mia famiglia, la mia infanzia.

Ricordo la mia infanzia con molto piacere e nostalgia. La mia famiglia era composta da quattro persone, io, i miei genitori e mia zia anziana che viveva con noi. Zia Filomena era vissuta in America alcuni anni per cui era più emancipata. In casa aveva fatto fare un gabinetto e aveva l’acqua potabile. Ricordo che tutto il vicinato veniva in casa nostra a riempire il secchio e il barile. Lei era quella che in casa comandava e tutti avevano per lei gran rispetto.A me voleva molto bene e mi faceva un sacco di coccole.Ricordo che da mio zio emigrato in America arrivavano grandi pacchi pieni di vestiti bellissimi. In casa tutti sapevano cucire e le gonne e i pantaloni si adattavano per diventare gli abiti della festa.

Filomena bambina

La mia infanzia è stata felice, io ero figlia unica, non ho mai sentito la mancanza di una sorella o di un fratello perché a casa mia, ogni mattina, una signora vedova che era povera e andava al bosco a fare la legna, portava la figlia Maria da noi. Maria restava con noi fino alla sera quando la mamma tornava a casa. Mangiava con noi, giocavamo insieme.Io inventavo tanti giochi fantastici, pur non avendo tanti giocattoli come i bimbi di oggi.

Noi bambini eravamo molto responsabili. Andavamo all’asilo dalle suore a tre anni, nessuno ci accompagnava, da soli col nostro panierino, dove la mamma ci metteva la merendina, e così ci avviavamo all’asilo.

All’asilo dalle suore del Sacro Cuore a Tito

Ricordo il mio primo albero di Natale. Era un ramo di quercia addobbato con tanti mandarini e qualche cioccolata, regalata da qualche persona che rientrava per le feste di Natale dalla Germania o dalla Svizzera dove lavorava. Ricordo che mio padre scriveva loro le lettere per dare notizie ai loro famigliari poichè questi ultimi erano analfabeti.

Il negozio di generi alimentari.

Avevamo una casa abbastanza grande dove c’era un negozio di generi alimentari. Molti compravano quello che rimaneva dei vari formati di pasta perché costava meno. I più bisognosi compravano quella e ricordo una mamma che raccomandava di prendere dal sacco i pezzi di pasta più grossi per fare la pastasciutta col sugo. Le persone che venivano a comprare la roba, non tutti avevano i soldi.Mamma aveva un quadernone dove segnava quello che le persone compravano e quando potevano, venivano a saldare il conto. Molti invece portavano grano o fagioli come merce di scambio. Molte volte mia mamma dava loro qualcosa da mangiare gratis, specialmente a quelli che erano più poveri.

Filomena giovane donna

Il rapporto con il vicinato era splendido. Si stava tutti insieme e si condivideva ogni cosa.

La guerra.

La sera d’inverno davanti al camino il mio papà raccontava il tempo in cui c’era stata la guerra. Lui era partito per l’Albania e sotto di lui aveva un gruppo di soldati. Costruivano ponti e un giorno furono catturati e portati in un campo di concentramento. Da lì riuscirono a scappare e per molti giorni non trovarono né cibo, né acqua e alcuni sui compagni morirono perché si misero a bere in un fiume senza ascoltare mio padre che gridava loro di non farlo. Lui riuscì a salvarsi poiché aveva in tasca un pugno di fagioli e acchiappò un pollo e fece un brodo.Quando tornò in Italia era dimagrito moltissimo e faceva il magazziniere a Pavia. Alla fine della guerra era così magro che indossò cinque maglie e tre cappotti per tutto il viaggio di ritorno a Tito. Alla stazione del paese trovò riparo da una conoscente e non chiuse occhio tutta la notte per paura che gli rubassero il piccolo gruzzolo che aveva portato con sé, facendo tanti sacrifici.

Il padre di Filomena

Raccontava che erano tempi brutti quelli dell’immediato dopoguerra. Non c’era niente e tutto costava molto . Si doveva lavorare un anno intero per poter comprare un quintale di grano. Nelle case alcuni avevano anche le galline per avere qualche uovo e poco di carne.

Anche i miei nonni avevano fatto la guerra chi in Africa e chi sul fronte italiano. Mio nonno paterno era stato ferito a una spalla e portava sul corpo i segni delle pallottole che lo avevano colpito. Questi racconti davanti al fuoco sono rimasti molto impressi nella mia mente ed io nel sentirli mi ritenevo molto più fortunata di loro.

Mio nonno.

Mio nonno faceva i tini e ricordo che quando lo andavo a trovare mi colpiva il disordine della cucina: i trucioli, il fumo del fuoco. La domenica poi mio nonno faceva il barbiere e molti venivano a farsi la barba, portando frutta, verdura, grano per pagare il suo lavoro. Mi piaceva la sua cucina piena di gente e di odori. Rimanevo colpita dai volti ripuliti.

I nonni di Filomena.

Il radiogrammofono

Mio padre comperò un radio grammafono . Era di legno e si illuminava quando si accendeva. Un “Radio Marelli ” e ci voleva tempo per sentirne la voce e i suoni . Tutte le domeniche i vicini venivano ad ascoltare la messa del Papa. Su quella radio io e le mie amiche mettevamo su i dischi e ballavamo.

La bambola.

Una volta mio padre comprò i biglietti di una “pesca”, una lotteria di un bar. Il primo premio era una grande bambola. Tutte noi bambine piccole volevamo quella bambola. Mio padre la vinse e ricordo che per la strada, quando la portammo a casa, tutte le mie amiche la guardavano con grandi occhi e mi invidiavano per la mia grande fortuna.

Vivevano con noi i figli di due cugini che erano emigrati e mi torna in mente la loro tristezza quando hanno fatto la prima comunione senza i genitori.

Tutto era bello, si era più poveri ma c’era tanta felicità.

Filomena Coronato.

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Mario Coviello
Mario Coviello

Written by Mario Coviello

Dirigente Scolastico in pensione e Presidente del Comitato Provinciale di Potenza dell’Unicef. Racconto quello che faccio e che vedo. Leggo passeggiando.

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