Raccontare storie per costruire ponti con UNICEF Potenza ( 12^ puntata)

Mario Coviello
3 min readOct 26, 2021

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Con Pacella Rosa l’Associazione “ Donne 99” di Tito ci porta a Gaudino, frazione di Balvano in una pluriclasse con più di venti alunni delle cinque classi :

Sono nata a Balvano il 5 luglio del 1948. Mio padre Gerardo mi raccontava quello che gli raccontava suo padre, nonno Antonio. Erano brutti tempi quelli che raccontavano e quando noi li sentivamo non potevamo crederci. Ma a forza di sentirli anch’ io ci credevo. Dicevano che c’erano stati i bombardamenti in paese e i fratelli si aiutavano a vicenda per scappare. I più grandi portavano sulle spalle i più piccoli e con un cavallo si sono allontanati dal paese e facendo una grande salita, si sono rifugiati nelle grotte, brutte, buie, e là vivevano insieme al cavallo con un poco di fuoco. Morivano di fame e sete, non potevano uscire perché avevano paura delle bombe. I bambini più piccoli avevano tanta paura e mio padre, che era il primo di quattro figli, il più grande, cercava di distrarli. Si aiutavano l’uno con l’altro.

Mio padre si è sposato molto giovane con mia madre Nicolina e sono andati a vivere in campagna dove avevano i terreni da coltivare e gli animali da allevare. Solo d’inverno si ritiravano in paese.Siamo nati noi quattro, io con tre fratelli. Sono la prima figlia e io li ho cresciuti tutti quanti. Qualche volta mi è capitato di farli cadere dalla culla perché li cullavo insieme, io in mezzo e loro uno a destra e l’altro a sinistra .

Ricordo che aiutavo mia nonna a preparare i pranzi quando c’era la mietitura e la trebbiatura. Si metteva sul fuoco una padella molto grande, e io piccola, mi mettevo a friggere peperoni perché quelli che lavoravano la mattina facevano colazione, ” u muzzc”. Io doveva stare attenta a non farli bruciare, l’olio bollente schizzava e mi scottavo il braccio. E nonna diceva “ Stai attenta, non farli bruciare, sennò che figura facciamo..”. In campagna non c’era un attimo di tregua, si lavorava dalla mattina alla sera e io ero contenta di fare la mia parte. Lavoravamo tutti insieme anche con i miei cugini, piccoli come me.

La scuola era vicino casa mia. Erano case coloniche che mio nonno aveva costruito per darle ai figli, dopo la sua morte e nel frattempo le aveva fittate al comune per fare la scuola. Eravamo tutti insieme di tutte e cinque le classi..una ventina e più a Gaudino, frazione di Balvano. Gli insegnanti non erano del posto e tutti gli anni cambiavano. Me ne ricordo una che veniva dall’Abruzzo. La maestra dormiva nella scuola, in una stanza, e la mattina ognuno di noi portava un pezzo di legna con la mano gelata e facevamo noi il fuoco nel camino, ed eravamo noi a pulire l’aula e il camino pieno di cenere alla fine delle lezioni.

I maestri erano buonissimi, umili, si adattavano a noi. Una maestra che si chiamava Marchioni Pia aveva paura di dormire da sola in campagna e mi fece dormire con lei. Mise un lettino per me nella stanza e dormivo con la maestra.C’era un maestro che parlava solo in italiano e non capiva quando noi bambini raccontavamo in dialetto quello che ci accadeva. All’inizio non capivamo quello che diceva quando spiegava e dicevamo “ Maestro perchè non parli come noi in dialetto così ti capiamo, noi non riusciamo a parlare come voi …” Lui era contento lo stesso e poi, piano piano abbiamo imparato.

Tutte le cose che ho raccontato non credo che le dimenticherò mai.

Tito 25 ottobre 2021

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Mario Coviello
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Written by Mario Coviello

Dirigente Scolastico in pensione e Presidente del Comitato Provinciale di Potenza dell’Unicef. Racconto quello che faccio e che vedo. Leggo passeggiando.

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