Raccontare storie per costruire ponti con #UNICEF Potenza.( 2^puntata.)
Continua il racconto dell’Associazione “ Donne 99” di Tito. III^ parte. Maria Antonietta Greco di 74 anni :
La nonna maestra di taglio e cucito.
“ Ho avuto la fortuna di trascorrere la maggior parte dei miei anni d’infanzia nella casa dei nonni materni Raffaele e Lucia. Avevo due, forse tre anni e mi piaceva passare le giornate da loro: era una casa sempre affollata, fra persone, racconti e risate. Avevano sei figli e al tempo le mie zie Maria e Antonietta non erano sposate. Mia nonna Lucia era maestra di taglio e cucito ed aveva all’attivo una scuola di sartoria. Apriva le porte alle tante ragazze che la seguivano come apprendiste, per cui in quelle stanze c’erano sempre gente gente e allegria. Io, che già all’epoca amavo stare in compagnia, ricercavo l’allegria e la spensieratezza che si respirava in casa loro. Mi piaceva ascoltarle mentre lavoravano e si raccontavano le ultime novità, i pettegolezzi.
Tito durante la seconda guerra mondiale.
Spesso, nello stare assieme, si raccontavano storie e in particolare si riportavano alla memoria gli episodi risalenti agli ultimi anni di guerra.Le zie, insieme ai miei nonni,lasciarono la casa nella piazza principale di Tito per rifugiarsi in campagna, mentre nel centro abitato un vecchio palazzo, il palazzo Capaldi, venne occupato da un commando tedesco.
Con un marito vigliaccamente tradito da un amico e richiamato in guerra, mia nonna mandava la figlie, specialmente zia Antonietta, a recuperare informazioni da un parente, che viveva poco dopo la piazza. Zia Peppina infatti aveva la radio e poteva ascoltare le notizie riguardanti la Sicilia, dove avevano inviato mio nonno. Alle figlie nonna una volta arrivate in piazza, raccomandava , raccomandava di correre senza mai fermarsi per evitare i soldati. I militari tedeschi, che proprio in quel luogo facevano il piantone, cercavano in tutti i modi di attirare le ragazze del paese. “ Belle signorine-dicevano- dove andate ?perché non vi fermate ? “ Eppure loro , così giovani, nonostante il timore, andavano a caccia di informazioni o di acqua potabile.Una volta capitò che le sorelle di zio Tommaso,il marito di mia zia, solamente perchè si erano affacciate al balcone di casa, avevano immediatamente attirato l’attenzione dei soldati che in un attimo si erano arrampicati lungo il muro.
Mamma mi racconta che durante la loro permanenza in montagna, proprio durante le quattro giornate di Napoli nel settembre del 1943, a Tito risuonava l’eco degli aerei in volo. Con la paura in corpo riuscivano comunque a farsi coraggio e, per avere aggiornamenti sulla guerra, lasciavano i rifugi, per tornare in paese e e interpellare zia Peppina.
Suor Renata e i tacchi a spillo, il formaggino, le spese….
A due anni e mezzo mia mamma mi iscrisse all’asilo perché le sembravo già grandicella, già adatta per andare a scuola. Era bello per me stare con le suore del Sacro Cuore. Ricordo che fra le vesti di madre Renata si intravedevano le scarpe con il tacco a spillo. Fu lei ad insegnarci ad andare sul palcoscenico, ad organizzare le prime recite. Ricevevamo i pacchi inviati dagli americani, pieni di formaggini a pasta gialla,cremosa, con la carta dorata. Tutti noi aspettavamo con desiderio quei pacchi. All’asilo era quello il cibo che ci servivano, e come mi piacevano i formaggini ! A quei tempi, con tanta povertà, era un pranzo di lusso.Ricordo ancora perfettamente l’odore che proveniva dalla cucina dell’asilo: Era il sapore dolciastro del latte in polvere che si scioglieva nell’acqua tiepida delle nostre tazze.
Per raggiungere il refettorio, le suore ci disponevano in fila per due e noi iniziavamo a cantare “ Andiamo a tavola….”
Quell’incoscienza lì, degli anni della guerra, ai nostri genitori era rimasta addosso. Ci lasciavano giocare da soli e ci mandavano ancora bambini a comprare dei viveri e fare spese attraverso il paese, senza timore, responsabilizzandoci. Con il bottiglione di latte stretto fra le braccia, andavo da casa in via Municipio di sera al buio, fin dentro la Chiesa Madre, senza troppe preoccupazioni.Io bambina con grande paura andavo a portare le camicie della nonna sarta ai carabinieri in caserma. Ricordo i lunghi corridoi bui.Noi si ubbidiva, nonostante l’età e la distanza. Al giorno d’oggi per una madre sarebbe un’azzardo. Mia nonna, ogni mezzogiorno, ci mandava a portare il mangiare ai poveri e ricordo un vecchio anziano che tutti i giorni si fermava davanti all’uscio di casa a mezzogiorno e gli brillavano gli occhi quando mangiava quello che gli offrivamo. C’era molto solidarietà e ricordo che tornando dalla campagna con i frutti raccolti si distribuivano le provviste a chi non aveva da mangiare.
Mia madre di 96 anni racconta
La memoria nella nostra famiglia si tramanda grazie a mia madre Rosa : a novantasei anni ancora felicemente racconta mentre fa la pasta di casa, e i miei figli di 43, 42 e 30 anni, e i suoi nipoti in ascolto, curiosi, chiedono spesso della guerra, della nostra storia.”