Raccontare storie per costruire ponti.Fratellanza e sorellanza. 11 a.
Lina De Bonis racconta.
Sono Lina De Bonis, ho 64 anni e sono in pensione da un anno. Il 9 dicembre 1957, a Pietragalla (Pz), due giovani si sposano: lui, Donato ha 24 anni e lei, Maria Donata ha 16 anni e mezzo. I giovani sposi vanno a vivere a Potenza , perché lui lavora lì, come infermiere, dal mese di luglio, in una casa in affitto, nella zona chiamata Contrada Epitaffio. Ben presto, a settembre del 1958 nasco io, Lina; ad agosto 1960 nasce Michele, mio fratello e ad agosto del 1967, nascono Anna Maria e Rosa, le mie sorelle gemelle.
Io sono stata la prima, quindi la più grande, ma anche la più bassa! Spesso mi rammaricavo di questo. Mio padre, una volta, mi disse: — Non fa niente Lina! Ricordati…quello che loro hanno in più qui ,toccandosi la coscia, tu ce l’hai qui ,toccandosi la testa! Quelle parole mi hanno consolata spesso.
FRATELLANZA
Ricordo che io e Michele litigavamo spesso perché mia madre e mio padre ci lasciavano soli ,dopo mille raccomandazioni: di fare i bravi, di stare zitti e buoni, di non aprire la porta a nessuno… quando dovevano uscire per fare qualche commissione o la spesa. Io dovevo badare a lui perché ero più grande! Lui mi provocava, non ubbidiva e finiva spesso che lo rincorrevo per dargliele, ma raramente ci riuscivo perché sgusciava come un’anguilla!
Questo succedeva anche quando c’era mia mamma: noi due giravamo intorno al tavolo rettangolare della cucina, lei cercava di prenderci, ma non era facile! Allora, lei ci lanciava una ciabatta e poi ci diceva di riportagliela. Io o Michele diventavamo alleati: gliela tiravamo in basso e gliela avvicinavamo, ma le stavamo lontani perché sapevamo che, se riuscivamo a non farci prendere e facevamo passare un po’ di tempo, a lei passava l’arrabbiatura e non ci faceva più niente.
Una volta, come al solito, lo stavo rincorrendo. Mia nonna materna ,che chiamavamo “nonna grossa” per il suo fisico robusto, aprì la porta del bagno, in quel momento. Michele, per sfuggirmi, entrò nel bagno spingendola verso la vasca da bagno che era piena d’acqua. Allora toglievano l’acqua per parte della giornata, perciò la vasca diventava il serbatoio da usare per tutte le necessità. Mia nonna perse l’equilibrio e cadde di peso nella vasca, facendone fuoriuscire buona parte. Battè la testa vicino alle mattonelle, si fece male ad una spalla sotto al rubinetto, ma… la scena era troppo divertente! Tanto che, mamma e papà non riuscivano a tirarla fuori perché, così imbevuta d’acqua, era ancora più pesante e, comunque, ridevano tutti quanti!
Quando avevo quattro o cinque anni, un giorno, appena finito di pranzare, io e Michele corremmo al bar vicino casa, per comprare un gelato, allora costavano 5 o 10 lire!. Mentre tornavamo a casa, non so se venne a me o a lui l’idea, lo feci salire sulla mia schiena e lo portavo “a cavalluccio”.
Per un po’ tutto andò bene, ma siccome era cicciottello, ad un certo punto tentai di sollevarlo un po’, dato che mi stava scivolando. Finì che lui cadde col sedere per terra mentre io battei con la fronte su uno dei lastroni della strada. Papà e mamma sentirono il rumore da dentro casa e corsero fuori: trovarono Michele che, seduto a terra, piangeva e me in una pozza di sangue. Papà mi portò in ospedale e mi diedero due punti per chiudere la ferita e mi fecero la puntura antitetanica.
Mio padre portava Michele dal barbiere, tutte le volte che ci andava lui e gli faceva tagliare i capelli quasi a zero. Una volta diventato più grandicello, li voleva tenere più lunghi, ma… era una guerra persa! Mio padre non cedeva! Quando riuscì a saltare un appuntamento dal barbiere e passò un po’ di tempo, un giorno, venne da me strafelice e disse, toccandosi il ciuffo sulla fronte, : -Mi suò…SI MUOVE!
Siccome era più piccolo, spesso veniva di fianco a me per vedere quanto gli mancasse per arrivare ad essere alto come me e, per un po’ di anni, io sono stata più alta di lui. Ma quando è arrivata l’età dello sviluppo, mi ha superata in altezza e rideva di me dicendomi:- Mi suò…sei alta un metro e una sciocchezza! Oppure…che ero alta un metro e tanta voglia di crescere!
A scuola non è stato mai “una cima”: in prima elementare, la maestra, alla quale era stato assegnato, era al suo ultimo anno di servizio, prima di andare in pensione. Era anziana, un po’ sorda…e come lavoro scolastico di tutto l’anno, gli fece fare due volte il copiato del libro di lettura, da cima a fondo. Negli anni successivi, è stato tutto un alternarsi di maestre supplenti temporanee o annuali. A fatica, riuscì ad arrivare alla licenza della Scuola Media!
Poi, mio padre volle iscriverlo all’I.N.A.P.L.I. che era una scuola professionale, nel settore Elettrico. Michele frequentò ,o meglio non frequentò perché faceva tanti “filoni”! per due anni, non riuscendo a superarli. Era solito dire che…”il mestiere ,cioè fare gli impianti elettrici, lo aveva imparato, ma era quello che c’era sui libri, la teoria, che non gli entrava in testa. Io cercavo di aiutarlo a studiare, ma era molto difficile convincerlo ad applicarsi.
Quando aveva 16 anni, si arruolò nell’esercito come volontario. Era nell’aeronautica e volava sugli elicotteri. Noi eravamo tutti contenti di questo. Pensavamo che avesse trovato la sua strada! Ma, dopo tre anni, si congedò e tornò a casa a fare il disoccupato, senza arte né parte.
Cominciò a fare tanti lavori saltuar i, prese la patente e lavorò per diverso tempo come rappresentante di vari prodotti. Ha cambiato spesso lavoro negli anni. Ora vive a Bucarest, in Romania, da tempo e ci vediamo a casa mia per un pranzo o una cena con tutti i familiari, quando viene in Italia.
Tito 6 ottobre 2022