Raccontare storie per costruire ponti: Fratellanza e sorellanza. 15.

Angela Scopa si racconta.

Mario Coviello
4 min readOct 11, 2022
Angela con il fratello Antonio e i genitori Carmela e Pasquale

Mi chiamo Angelina Scopa.Mia mamma si chiamava Carmela e mio padre Pasquale.Siamo una famiglia di quattro persone.Ho avuto due fratelli, io sono la più grande, i miei fratelli si chiamano Antonio e Michele che piccolino morì a soli cinque mesi.

Io avevo cinque anni quando Michele è morto e ricordo che l’avevano messo in una piccola bara su un tavolo. Mia mamma mi faceva segno che me ne dovevo andare con mia zia mentre io volevo vedere mio fratello. Mia nonna mi è venuta a prendere con la mano. Mi ha portato vicino al tavolo, mi ha preso in braccio e me l’ho fatto vedere. Ha preso la mia mano e l’ha messa nella sua dicendo “ Vedi non bisogna aver paura..” Poi me ne sono andata via tranquilla..

Con mio fratello Antonio abbiamo diciassette mesi di differenza e siamo stati sempre complici, giocavamo insieme. Sono cresciuta con lui perché mio padre lavorava fuori e mia mamma aveva dei terreni e tutte le mattine andava in campagna. Solo il sabato e la domenica mio padre con le mie zie la aiutava nel lavoro dei campi. Noi vivevamo con nonna Carmela e nonno Salvatore, che erano i miei bisnonni. Sono loro che hanno cresciuto mia mamma, che era orfana perché sua mamma era morta a 24 anni.

Sono andata all’asilo a due anni perché quando è nato mio fratello io stavo sempre vicino alla culla. Le culle erano basse e i grandi non si fidavano di quello che potevo combinare. Decisero di parlare con un signore che era il responsabile dell’asilo e mi fecero pagare duecento lire di retta, invece di cento che era quanto pagavano quelli che avevano tre anni.Mio padre disse che non importava pagare tanto purché Antonio fosse al sicuro.Per due anni sono andata all’asilo con il cestino, solo l’ultimo anno abbiamo mangiato.

Mio fratello, quando ero pronta per andare all’asilo, voleva venire con me e una volta l’ho portato. Arrivati davanti alla porta dell’asilo, la suora mi rimproverò : “ Perché hai portato con te tuo fratello così piccolo? Riportalo subito a casa”. E così dovetti fare. Io abitavo in piazza, tornai indietro e vidi vicino alla fontana che i nonni, molto agitati, erano per strada a cercarlo e se lo riportarono a casa.

Quando uscivamo dall’asilo tornavamo sempre dai nonni.Nonno Salvatore, alle cinque, ci prendeva per mano e ci riaccompagnava a casa. Con una grande chiave apriva il portone e sento ancora il rumore della chiave che girava nella serratura. Quando faceva freddo, accendeva anche il fuoco. Aspettavamo insieme il ritorno dai campi di mia madre e solo allora mio nonno tornava a casa sua. D’estate invece ci portavano in campagna, sopratutto nel periodo della mietitura. Era una festa. Avevamo un letto di legno con sopra la paglia e lì dormivamo con i nonni, noi in mezzo, e loro ai lati.

In campagna avevamo tanti alberi di frutta e con mio fratello facevamo a gara per raccogliere più frutta, salendo su per i rami. Ci divertivamo tanto, era uno spettacolo. Ricordo che ci addormentavano verso le otto di sera, ma i grandi lavoravano fino alle dieci, le undici. E la mattina mio padre si alzava molto presto per andare a lavorare alla ferrovia.

Quando ci svegliavamo mia mamma veniva e facevamo colazione con il latte delle mucche dei vicini, che a me piaceva appena munto. Stavamo bene perché eravamo piccoli e non ci facevano lavorare. Andavamo in campagna anche a settembre, nella settimana in cui si raccoglieva il granturco. C’era una grande aia e le persone in cerchio, con le pannocchie in mezzo, si mettevano a sgranare il granturco.Poi arrivava un signore che con una macchina lo macinava.

A ottobre tornavamo a scuola e stavamo sempre a casa dei nonni che ci trattavano bene: mia nonna cucinava i nostri piatti preferiti. Io stavo sempre in casa, ma mio fratello usciva sempre per strada a giocare per i fatti suoi.

Angela e il fratello Tonino.

Abbiamo fatto insieme a Tito la scuola elementare e poi, io non ho più frequentato, e mio fratello è andato a Potenza perché la scuola media non c’era a Tito. Ricordo che un signore, Pasquale Sorrentino, aveva una macchina nera che tutte le mattine alle sette e mezzo riempiva con dieci ragazzini e li portava a Potenza per riportarli in paese alle due del pomeriggio dopo la scuola. Mio fratello Antonio ha frequentato così la scuola media e poi l’Istituto Tecnico a Potenza.

Io non me la sono presa perché solo mio fratello andava a scuola a Potenza perché mio padre mi ha fatto fare quello che desideravo. Così sono andata dalla sarta a tredici anni, dalle suore a ricamare e ho ancora le lenzuola del corredo. Ho frequentato la scuola di taglio e a diciassette anni volevo andare a lavorare a Potenza. Ma mio padre aveva preso qualche volta il pulman per andare a Potenza e aveva sentito gli uomini dire tante “ parolacce” alle ragazze e non mi ha voluto mandare. Ho dovuto togliermi questa idea dalla testa.

Mi sono sposata a trent’anni, mio fratello a ventiquattro. Abitava a Tito scalo e veniva tutte le domeniche a mangiare da noi. Però, piano piano, si è allontanato quel bell’affetto che c’era da ragazzi, quando mangiavamo sempre insieme e Antonio finiva anche la carne del mio piatto che io non ho mai amato. Oggi mio fratello, dopo la morte di nostra madre, è sparito. Prima, sempre insieme a Pasqua, a Natale all’Epifania, tutti i santi e tutte le feste e poi le cose si sono “ ammosciate”. Sì ti saluti,ti telefoni, ma le cose non sono più come prima.

Tito 11 ottobre 2022

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Mario Coviello
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Written by Mario Coviello

Dirigente Scolastico in pensione e Presidente del Comitato Provinciale di Potenza dell’Unicef. Racconto quello che faccio e che vedo. Leggo passeggiando.

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