Raccontare storie per costruire ponti. Fratellanza e sorellanza.18.

Mario Coviello
3 min readOct 14, 2022

--

Carmela Giuzio racconta.

Carmela il giorno del matrimonio

Mi chiamo Carmela Giuzio, sono del ’41. Eravamo cinque figli, però la prima figlia Carmela è morta e, siccome mio padre ci teneva al nome della mamma, quando sono nata io mi hanno chiamato Carmela.Prima di me sono nati Salvatore e Michele e dopo di me, due anni dopo, è nato Francesco, il più piccolo che io ho sempre preferito agli altri due.

Salvatore, il primogenito, dopo la morte di mio padre Antonio, a soli 37 anni nel 1947, è stato severo con noi, faceva il papà e voleva che noi gli dovevamo ubbidire.Faceva il padre, anche se avevamo il nonno, il padre di mio padre, Salvatore,che ci voleva molto bene. Mia madre, che doveva portare avanti al famiglia da sola, andava a lavorare dove trovava e ci lasciava con i nonni, ai quali eravamo molto affezionati.

Quando siamo diventati più grandi, ognuno ha preso la propria strada. Un fratello è andato a guardare le pecorelle con un massaro, e così ha fatto anche il fratello più piccolo.Io a tredici, quattordici anni ho cominciato a lavorare in una fabbrica, perché non mi piaceva andare in campagna. Ho dovuto vincere la resistenza dei miei fratelli che non volevano che una ragazza così giovane andasse a lavorare con tanti uomini.

I soldi che guadagnavo venivano spesi tutti per mio fratello Michele che aveva l’artrite reumatoide e non c’erano soldi che bastavano perché le medicine le dovevamo pagare. Solo quando andava in ospedale lo curavano gratis. Ma noi volevamo tenerlo in famiglia il più a lungo possibile.Lo incoraggiavamo a mangiare perché non aveva appetito.A me non dispiaceva per niente spendere i mie soldi per lui perché lo volevo aiutare.

Quando ci riunivamo scherzavamo, anche se il fratello grande Salvatore faceva il severo, io e Francesco, il più piccolo, ridevamo a tavola mentre mangiavamo e lui si arrabbiava: “ Cosa avete da ridere..?” e noi ridevamo ancora di più. Ci siamo voluti sempre bene.

Anche mia madre ha fatto sempre quello che ha potuto perché i tempi erano brutti e noi eravamo quattro, non c’era il “benessere” come adesso. Però abbiamo vissuto bene,andavamo d’accordo, ci aiutavamo l’uno con l’altro.

Io sono stata la prima a sposarmi e i mie fratelli hanno pianto. Si sono sposati qualche anno dopo di me Michele e Francesco, mentre Salvatore, da padre, si è sposato dopo tutti quanti noi. Gli dicevamo sempre che si doveva trovare una compagna perché non poteva vivere da solo. Per sua sfortuna, dopo pochi anni di matrimonio, la moglie è morta.

Quando Francesco è andato a fare il servizio militare a Varese, quando veniva in licenza a Tito piangeva sempre perché non voleva tornare al nord. Dopo qualche mese non veniva più tanto spesso a casa e non piangeva più. Ho subito pensato che si era innamorato e così è stato.

Adesso Michele , purtroppo è morto e Salvatore non ha cambiato carattere, è sempre esigente, ma ha anche un grande cuore. Se ci manca qualcosa, subito ce la dà. Io , subito dopo la morte della moglie andavo a casa sua tutti i giorni per sostenerlo e aiutarlo. Poi mio marito si è ammalato e non è stato più possibile. Ci vediamo spesso, lo chiamo, ci frequentiamo sempre.

Francesco abita a Gallarate e tutti i giorni ci telefoniamo. Appena non sta bene si sfoga con me. Noi eravamo noi, non c’è più nessuno. Invito spesso i nipoti a venire a casa mia, ma loro non vengono. I giovani sono così.

Tito 14 ottobre 2022.

--

--

Mario Coviello
Mario Coviello

Written by Mario Coviello

Dirigente Scolastico in pensione e Presidente del Comitato Provinciale di Potenza dell’Unicef. Racconto quello che faccio e che vedo. Leggo passeggiando.

No responses yet