Raccontare storie per costruire ponti.Innamoramento e amore. (25)
Lina De Bonis: 50 anni di vita insieme.
Il 23 maggio 2022, io e mio marito abbiamo festeggiato l’anniversario di matrimonio: 41 anni!
41 anni di matrimonio più 8 anni di fidanzamento = quasi 50 anni: una VITA!
“ Sono Lina De Bonis, maestra in pensione da alcuni mesi e ho “ancora” 63 anni: se non arriva settembre, non posso dire di aver compiuto 64 anni!
Quando avevo 14 anni, frequentavo il primo anno dell’Istituto Magistrale “Emanuele Gianturco” di Potenza e facevo parte del coro che animava la messa domenicale nella chiesa di San Giovanni Bosco. Erano i primi anni che i canti venivano accompagnati dalle chitarre e noi, un gruppo di ragazze e ragazzi delle scuole medie e superiori, eravamo entusiasti della cosa e non mancavamo mai alle prove che si svolgevano durante la settimana. Ci sentivamo tutti amici e cominciavano a nascere le prime “simpatie”.
Michele (quello che poi è diventato mio marito) aveva 17 anni. Insieme ad altri tre ragazzi, da un po’ di tempo, avevano preso l’abitudine di venire anche loro alle prove, ma più per divertirsi che per cantare. Il più “casinista” era proprio lui: faceva battute e scherzi un po’ a tutti che fingevano di arrabbiarsi perché si perdeva tempo, ma in fondo ci divertivamo.
Un giorno, mentre tornavo da scuola a piedi insieme alla mia amica Carmela (anche lei chiamata Lina come me e che abitava nel palazzo di fianco al mio), vidi che Michele era dietro di noi insieme al suo amico Mimmo. Ci conoscevamo solo di vista e sapevo che era cugino di una mia compagna di scuola dell’elementare. Quel giorno cominciammo a parlare, più che altro di scuola che loro avevano marinato. Facemmo la strada insieme tutti e quattro, ma solo fino ad un certo punto: non volevamo che le nostre mamme, se affacciate al balcone ad aspettarci, ci vedessero insieme a due ragazzi.
Michele, in seguito, mi disse che quel giorno aveva guardato con attenzione le mie gambe e i miei capelli lunghi e che gli erano piaciuti. Arrivò il 25 marzo, domenica: l’Annunciazione alla Madonna. Quel giorno compiva gli anni una ragazza del coro, Serafina che aveva due fratelli più grandi di lei. Questi, con la mamma, decisero di fare per lei una festa con tanto di torta. Tutto il gruppo “canoro” fu invitato a casa loro, dove si ballava con la musica dei dischi sul giradischi.
Io ci andai però non avevo detto ai miei genitori che si ballava, ma solo che tutti quanti andavamo a casa di Serafina per mangiare la torta: spiegai dove abitava (non molto lontano da casa mia), che suo padre, come il mio, lavorava in ospedale e che sarei tornata a casa presto.
Anche Michele venne alla festa e si comportò come al solito, proponendo dei giochi e scherzando. Prima che fossero distribuiti i pezzi di torta, lui passò con le forchettine che servivano per mangiarla ammucchiate nel suo maglioncino, di cui teneva sollevato un lembo e ne diede una a tutti i presenti. Anche a me! Poi fu la volta della torta. Tutti ne ebbero una fetta. Io rimasi con la forchettina in mano: a me la torta non arrivò !
Persa ogni speranza quando furono ritirati i piattini, dopo un po’decisi che ne avevo abbastanza: andai in cucina e lasciai la forchettina “inutile”; recuperai il mio cappotto ed ero dietro la porta, pronta per andare via. Michele mi vide e mi chiese se potesse accompagnarmi. Stupita per quell’inaspettata proposta, gli risposi di sì. Quando uscimmo dal portone pioveva e, con mio disappunto, mi accorsi che solo io avevo l’ombrello. Lo aprii e lui si avvicinò per ripararsi. Io ero molto imbarazzata: non sapevo cosa dire!
Parlò lui e mi disse: -Senti, ti vuoi fidanzare con me? Sì o no? Io, che già ero “impappinata” rimasi senza parlare, poi mi ripresi dalla sorpresa e dissi: — Ci devo pensare!
Mi presi tre giorni di tempo. In chiesa, durante la prova dei canti della settimana, gli diedi la risposta affermativa. Rimanemmo lì, con gli altri, ma un po’ appartati per parlare fra noi: quella sera, certo, non provai le canzoni! Così ci fidanzammo e ci complicammo la vita.
Michele mi disse, in seguito, che non sapeva nemmeno il mio nome! Io avevo detto di sì per come si era dichiarato, ma non ero convinta che lui sarebbe stato l’uomo della mia vita! I miei genitori non volevano perché eravamo piccoli tutti e due, dovevamo finire la scuola… Non mi fecero più andare alle prove di canto e potevo uscire solo per andare a scuola. Se volevo uscire la domenica pomeriggio, lo dovevo fare con mia madre, le mie sorelle e mio fratello. Michele veniva e ci mettevamo in fila, come in colonia. Mia madre si vergognava di far vedere che aveva una figlia fidanzata: aveva solo 32 anni!
Le altre persone ci dicevano che sembravamo fratello e sorella, perché ci somigliavamo. A lui, una signora disse: — Sembra più sorella lei di tua sorella! E ci ripetevano: Chi si somiglia, si piglia!
Avevo tanti dubbi e un paio di volte ho cercato di lasciarlo, ma…inutilmente! L’allontanamento è durato solo alcuni giorni. Michele mi disse: — Tu puoi dire e fare quello che vuoi, ma sappi che sotto al tuo balcone ci sarò sempre io. Un altro, non lo faccio avvicinare! Mi scrisse in una poesia: “…e il cuore amante del bruno spasimante, come l’edera intorno a te si cinge”.
Se dovessi raccontare tutto quello che abbiamo vissuto io e Michele, il libro lo riempirei da sola! La sintesi non è mai stata il mio forte, ma… mi sforzerò di esercitarla.
Nel periodo scolastico, per andare a scuola da Rione Risorgimento a Rione Castello, la mattina, io ed altre ragazze prendevamo l’autobus: il biglietto, allora, costava 30 lire per noi studenti. Michele veniva alla fermata dell’autobus e stava con me a parlare, fino a quando non arrivava. Poi se ne andava alla sua scuola, l’ITIS. Se non vi andava, lo trovavo ad aspettarmi davanti alla mia, quando uscivo e mi accompagnava a casa, a piedi. Se avevo il vocabolario o altri libri in mano, se li prendeva e li portava lui. Camminavamo fianco a fianco; a volte mi prendeva per mano.
Il primo bacio, sulle labbra, ce lo siamo dati dopo un anno, nella villa di Santa Maria. E il tempo passava! Eravamo sempre fidanzati, ci vedevamo poco e, se uscivamo dovevo sempre portare con me una delle mie sorelle.
Io mi diplomai e cominciai a lavorare, come supplente, nel Collegio-Scuola di Fiumicello di Maratea, in qualità di assistente educatrice durante l’anno scolastico e come assistente di colonia durante l’estate. Michele partì per il servizio militare, si diplomò e lavorava principalmente come autista.
Quando ci siamo sposati, io avevo 22 anni e lui ne aveva 25, “vergini” entrambi e tutto quello che sappiamo, lo abbiamo scoperto insieme, piano piano, giorno per giorno.
Tante tempeste abbiamo incontrato e attraversato nel nostro cammino. Abbiamo iniziato col non avere un lavoro fisso, entrambi, ma avevamo un fitto di casa e le bollette da pagare. Mia suocera, una volta, mi disse: — Figlia mia anche altri partono da zero, ma voi siete partiti da SOTTO ZERO !
Per due anni, dopo esserci sposati, continuammo a fare i “fidanzati” a distanza : io lavoravo ancora a Maratea, con supplenze o incarichi temporanei; tornavo a casa o per un giorno alla settimana o, se mi accordavo con la collega, per due giorni dopo due settimane. Michele lavorava a Potenza, facendo lavori saltuari: macellaio, traslocatore, autista di camion…
Poi, io superai il concorso magistrale per la scuola elementare(nell’ 83) ed ebbi la sede definitiva: Pergola, frazione di Marsico Nuovo, distante quasi 50 km da Potenza…ma era un sogno perché potevo tornare a casa tutti i giorni! L’anno dopo, anche Michele superò un concorso e divenne l’autista del presidente dell’Ente Fiera.
Abbiamo sofferto per i problemi derivanti dalla dipendenza dall’alcool sviluppata da Michele, diventata poi, per fortuna, solo un ricordo. Grazie all’ARCAT (Associazione Regionale Club Alcolisti in Trattamento), un gruppo di auto-aiuto di cui mio marito, in seguito, è stato eletto presidente mantenendone la carica per diversi anni, abbiamo cambiato stile di vita e abbiamo potuto aiutare tante altre famiglie con le stesse difficoltà.
Ci siamo caricati di debiti quando, avendo ricevuto lo sfratto dall’appartamento in cui abitavamo a Potenza, abbiamo deciso di comprare la casa qui, a Tito. Più di venti anni della nostra vita e del nostro lavoro sono stati dedicati prima all’acquisto e poi alla ristrutturazione della casa.
Figli naturali non ne abbiamo avuti, ma abbiamo potuto avere prima in affidamento e poi in adozione due sorelline, Giovanna e Angela. Quando sono arrivate da noi, avevano rispettivamente 4 anni e mezzo l’una e 6 anni l’altra. Da quel momento ci siamo sentiti “famiglia” e non solo coniugi. Oggi Angela è sposata e ci ha reso nonni di Canio, che ha 5 anni e frequenta la scuola dell’Infanzia.
Giovanna è fidanzata e vive ancora con noi. Io dico sempre che, per tutto, le possibilità sono due: 50 e 50. Al cinquanta per cento poteva andarmi meglio, ma per l’altro cinquanta per cento poteva andarmi peggio…
Nessuno ci ha regalato niente: quello che abbiamo concretizzato è stato frutto del nostro lavoro, dell’impegno, della buona volontà, di poche brave persone che abbiamo incontrato sulla nostra strada, ma soprattutto dell’aiuto di DIO.
Tutto sommato sono soddisfatta e LO ringrazio continuamente per quello che ho avuto e continuo ad avere: mio marito, Michele, che non ha un carattere “semplice”, ma mi ha voluto e mi vuole veramente bene e mi ha sempre rispettata; è stato un grande lavoratore e, siccome “ci siamo cresciuti per mano”, come disse una sua prozia, conoscendomi bene, spesso anticipa i miei desideri: non devo nemmeno parlare! “
Tito 3 giugno 2022.